Per l’assegno bisogna considerare anche le modalità di condotta della vita familiare

Rilevanti anche la durata del matrimonio e l’età del coniuge che richiede l’assegno

Per l’assegno bisogna considerare anche le modalità di condotta della vita familiare

La decisione sull’assegno di divorzio deve essere espressa alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto delle modalità con cui la vita familiare è stata condotta in costanza di matrimonio, anche alla luce della durata del matrimonio stesso e dell’età del coniuge che richiede l’assegno. Questo il principio fissato dai giudici (sentenza del 15 gennaio 2025 del Tribunale di Trento), i quali hanno perciò negato l’assegno divorzile ad una donna, nonostante quest’ultima abbia dedotto di essersi sempre dedicata, durante gli anni di matrimonio, alla gestione della casa e di esseri fatta carico anche della cura della suocera (che ha sempre vissuto con la coppia nella casa familiare), svolgendo attività lavorative saltuarie per contribuire alle spese familiari (quali per esempio le compere o la benzina) e al mantenimento delle proprie figlie, nate da una precedente relazione. Irrilevante, secondo i giudici, anche il richiamo, fatto dalla donna, ad un peggioramento, rispetto all’epoca della separazione, delle proprie condizioni economiche – e anche di salute –, ed al mancato reperimento, nonostante gli sforzi profusi, di una stabile occupazione lavorativa, a fronte della situazione reddituale dell’uomo, che è dipendente di una ditta di autotrasporti ed è proprietario di un immobile e di alcuni terreni. Per i giudici è necessario, nel giudizio sull’adeguatezza dei mezzi dei due coniugi, fare riferimento ai ruoli endofamiliari assunti da moglie e marito in costanza di matrimonio, al fine di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all’età del coniuge che richiede l’assegno. Inoltre, è necessario sia accertato che lo squilibrio economico-patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell’altro coniuge. Di conseguenza, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge che richiede l’assegno e della sua incapacità, per ragioni oggettive, di procurarseli. Tirando le somme, per il riconoscimento dell’assegno divorzile è fondamentale una rilevante disparità nella situazione economico-reddituale dei due coniugi. E tale presupposto si realizza non solo quando vi è la rinuncia, frutto di un accordo tra moglie e marito, a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole, ma anche in caso di conduzione univoca della vita familiare a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal coniuge che richiede l’assegno alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.

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