Testimonianza indiretta non sufficiente per legittimare il licenziamento

Le dichiarazioni rese dall’unico testimone sono risultate essere frutto, in realtà, di una conoscenza indiretta dei fatti

Testimonianza indiretta non sufficiente per legittimare il licenziamento

Cancellato il licenziamento deciso dall’azienda se le dichiarazioni rese dall’unico testimone sono frutto di una conoscenza indiretta dei fatti e non sono idonee a provare l’episodio che è alla base della contestazione disciplinare. Nel caso specifico preso in esame i giudici hanno respinto la tesi proposta dalla società datrice di lavoro nel contesto di un processo avviato con il cosiddetto ‘rito Fornero’ e hanno perciò sancito l’illegittimità del licenziamento disciplinare subito da un lavoratore. Ciò perché la testimonianza resa dall’unico teste escusso non è stata ritenuta idonea a provare il fatto al centro della contestazione disciplinare, cioè un diverbio sfociato poi in aggressione fisica. I giudici osservano che il testimone ha riferito di essere a conoscenza dei fatti ma soltanto tramite il resoconto fattogli dal lavoratore che sosteneva essere stato vittima della supposta aggressione compiuta dal lavoratore destinatario poi del licenziamento. Per i giudici, quindi, non risulta assolto l’onere probatorio gravante sul datore di lavoro in merito alla giusta causa di recesso. Logica conseguenza è la declaratoria di illegittimità del licenziamento, con annessa reintegrazione del lavoratore. (Sentenza del 6 febbraio 2023 del Tribunale di Napoli)

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