Distanze tra immobili: le peculiarità della nuova costruzione
La normativa locale non può derogare in senso più favorevole alla disciplina codicistica delle distanze attraverso la creazione di categorie di intervento edilizio non previste dalla legge statale

In materia di distanze tra costruzioni, costituisce nuova costruzione, soggetta alla disciplina delle distanze vigente al momento della realizzazione, qualsiasi intervento di demolizione e ricostruzione che comporti aumento della volumetria, modifica della sagoma o variazione della posizione dell’edificio rispetto a quello preesistente. In questa ottica, la normativa locale non può derogare in senso più favorevole alla disciplina codicistica delle distanze attraverso la creazione di categorie di intervento edilizio non previste dalla legge statale, essendo consentite solo imposizioni di distanze maggiori rispetto a quelle stabilite dal Codice Civile.
Questo il principio citato dai giudici (ordinanza numero 17283 del 26 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo all’esatta individuazione della linea di confine tra due fondi e del conseguente possibile arretramento di alcune costruzioni nell’ottica del rispetto delle distanze legali dal confine e tra costruzioni.
In Appello è stata respinta la domanda di demolizione o di arretramento di un fabbricato, ad uso abitativo, frutto della demolizione integrale di un preesistente fabbricato rurale e della successiva costruzione nel 1976 di un nuovo edificio, ad uso abitativo, con accorpamento ad un fabbricato rurale adibito a legnaia-cantina già esistente con volume maggiore, sagoma differente e posto a distanza diversa dal confinante edificio.
In sostanza, la pronuncia di secondo grado, pur riconoscendo che l’intervento edilizio in questione, comportando l’integrale demolizione di un vecchio edificio rurale e la successiva costruzione di un nuovo edificio che, rispetto al corpo edilizio preesistente, presentava un volume maggiore, una sagoma differente ed era situato ad una diversa distanza dall’edificio confinante, doveva considerarsi come una nuova costruzione, e non come una mera ristrutturazione, ha ritenuto non applicabile la distanza minima dal confine di cinque metri per gli edifici abitativi e di dieci metri per quelli rurali stabilita con regolamento edilizio del Comune – regolamento attuativo del cosiddetto ‘Programma di fabbricazione’ –, in virtù della disposizione più favorevole del suddetto regolamento, oggetto di una variante adottata dal consiglio comunale ed approvata con modifiche dalla Regione con delibera ad hoc, disposizione secondo cui gli edifici esistenti in area agricola possono essere restaurati con gli ampliamenti di volume necessari per adeguamenti igienici e razionalizzazione dell’alloggio, ampliamenti che non possono superare il 15 per cento della volumetria esistente e debbono avvenire nel rispetto della normativa di zona relativa a distanza dai fabbricati e dalle strade.
Prospettiva completamente diversa, invece, quella tracciata dai magistrati di Cassazione: si configura una nuova costruzione ogni volta che l’intervento di demolizione e ricostruzione di un precedente fabbricato comporti un aumento della volumetria ovvero la modifica della posizione dell’edificio, rispetto a quella in cui si trovava l’originario manufatto. Nell’ambito delle opere edilizie, difatti, la semplice ristrutturazione si verifica ove l’intervento edilizio interessi un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali (muri perimetrali, strutture copertura), nel mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza variazioni rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio e, in particolare, senza aumenti di volumetria. In presenza di tali aumenti si verte, invece, nell’ipotesi di nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente. In altri termini, ai fini dell’applicazione della normativa codicistica e regolamentare in materia di distanze tra edifici, per nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l’aumento della sagoma d’ingombro, direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti.
Sulla scorta della medesima ratio, poi, in tema di distanze tra costruzioni, ove lo strumento urbanistico locale non contenga una norma espressa che estenda alle ricostruzioni le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni, la disciplina dettata per queste ultime trova applicazione solo relativamente a quella parte del fabbricato ricostruito che eccede i limiti di quello preesistente. Così, la ristrutturazione edilizia, qualora non comporti aumenti di superficie o di volume, non configura una nuova costruzione, sicché è inapplicabile la disciplina in tema di distanze.
Non sono poi applicabili neanche le modifiche introdotte in tema di ristrutturazione e rigenerazione urbana, in quanto risulta accertato, nella vicenda in esame, che la costruzione non rispettava le distanze preesistenti, ed il volume complessivo e l’area di sedime dopo il cosiddetto intervento di restauro sono risultati aumentati.
Per maggiore chiarezza, infine, i magistrati richiamano il principio secondo cui rientrano nella nozione di nuova costruzione, anche ai fini dell’applicabilità della norma per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma altresì gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente, né assume rilevanza, in senso contrario, il disposto normativo che prevede sì che possano rientrare nella nozione di ricostruzione anche opere che aumentano il volume o modificano la sagoma dell’opera da costruire ma richiede pur sempre che l’intervento sia realizzato nel rispetto delle distanze preesistenti, e cioè di quelle conformi alla normativa vigente al momento in cui è stato realizzato l’intervento originario).
Quanto agli interventi di restauro e risanamento conservativo, la finalità è quella di rinnovare l’organismo edilizio in modo sistematico e globale, ma pur sempre nel rispetto dei suoi elementi essenziali tipologici, formali e strutturali. Chiarimenti vengono forniti su questo fronte, poiché il rispetto degli elementi essenziali tipologici, formali e strutturai impone che non possono essere mutati: la qualificazione tipologica del manufatto preesistente, cioè i caratteri architettonici e funzionali di esso che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie; gli elementi formali (disposizione dei volumi, elementi architettonici) che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando l’immagine caratteristica di esso; gli elementi strutturali, cioè quelli che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.