Patrimonio indisponibile dello Stato: stop all’ipotesi della usucapione

Solo a decorrere dalla data di sdemanializzazione, precisano i giudici, è configurabile l’esercizio di possesso utile ad usucapionem

Patrimonio indisponibile dello Stato: stop all’ipotesi della usucapione

I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato non possono costituire oggetto di usucapione, neppure ai fini della configurazione di un diritto reale minore incidente su di essi. Ciò perché è necessario o un atto formale della pubblica amministrazione idoneo a modificare il regime giuridico del cespite o il verificarsi di eventi che escludano la permanenza della sua appartenenza al patrimonio indisponibile. Solo a decorrere dalla data di sdemanializzazione è configurabile l’esercizio di possesso utile ad usucapionem.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (sentenza numero 19755 del 17 luglio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla presunta esistenza di una servitù di passaggio – su un fondo – costituita per usucapione.
Per maggiore chiarezza, comunque, viene richiamato quanto stabilito dal Codice Civile: i beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano. Essi dunque non possono costituire oggetto di usucapione, neppure ai fini della configurazione di un diritto reale minore su di essi incidente, essendo comunque necessario, a tal fine, un atto formale promanante dalla pubblica amministrazione, idoneo a modificare il regime giuridico del cespite, o comunque il verificarsi di eventi tali da escludere la permanenza della sua appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato (cosiddetta sdemanializzazione, espressa o tacita, quest’ultima ove ammissibile).
Certo, va anche tenuto presente il principio secondo cui l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende non solo dalla esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad servizio pubblico, ma anche dalla concreta utilizzazione dello stesso a tale fine, ma, osservano i giudici, nella vicenda in esame, non emerge che il terreno alienato dall’Agenzia del Demanio in favore del privato, che prima dell’acquisto ne era concessionario, fosse destinato ad uno specifico utilizzo, che di fatto non si sia mai realizzato, né viene indicata la data in cui esso avrebbe cessato di appartenere al demanio.
Al contrario, il privato deduce che il bene di sua proprietà appartenesse, prima della sua sdemanializzazione, al demanio marittimo. Tale natura esclude anche la possibilità di configurare una sdemanializzazione tacita, poiché in tema di demanio marittimo va ribadito il principio secondo cui la sdemanializzazione dei beni del demanio marittimo non può avvenire per facta condudentia, ma solo per legge o mediante l’adozione, ad opera dell’autorità competente, di un formale provvedimento che ha efficacia costitutiva, essendo basato su una valutazione tecnica discrezionale in ordine ai caratteri naturali dell’area ed alle esigenze locali, finalizzata a verificare la sopravvenuta mancanza di attitudine di determinate zone a servire agli usi pubblici del mare. Pertanto, non rilevano né il possesso del bene da parte del privato, improduttivo di effetti ed inidoneo all’acquisto della proprietà per usucapione, né il non uso dell’ente proprietario, con la conseguenza che l’accertamento giudiziale della non ricorrenza dei presupposti fattuali di appartenenza di un bene al suddetto demanio è del tutto privo di utilità.
Nel caso specifico, non è controverso che il privato abbia acquistato la proprietà del terreno su cui dovrebbe insistere la servitù di transito oggetto di causa giusta e che in precedenza egli fosse concessionario di detto bene, e come tale titolare del diritto di prelazione sul suo acquisto. Di conseguenza, a fronte di tali due circostanze, sarebbe stato necessario indagare sulla data in cui il cespite, già compreso nel demanio marittimo, ha cessato di appartenere al demanio, o al patrimonio indisponibile dello Stato, poiché solo a decorrere da tale data è configurabile l’esercizio di possesso utile ad usucapionem. Poiché nel caso di specie il requisito temporale richiesto ai fini della prescrizione acquisitiva non era certamente integrato a decorrere dall’acquisto del bene da parte del privato, risalente soltanto al 2003, occorre verificare, ai fini della configurabilità di un possesso anteriore a tale data, utile ai fini della prescrizione acquisitiva del diritto di transito di cui è causa, la data in cui il bene è uscito dal demanio o dal patrimonio indisponibile.
Evidente, quindi, l’errore compiuto in Appello, e cioè configurare l’usucapione di un diritto di servitù su un bene oggi di proprietà privata, valorizzando a tal fine l’esercizio di una condotta risalente ad un momento antecedente alla sua alienazione, senza tener conto della impossibilità di configurare un possesso utile ad usucapionem su un cespite ricompreso nel demanio, o nel patrimonio indisponibile dello Stato, e dunque senza indagare sul momento in cui il bene ha perso la sua natura demaniale.

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