Studenti molestati dal docente: responsabili scuola e Ministero dell’Istruzione

Per i giudici, difatti, le gravissime condotte tenute dal professore vanno viste come uno sviluppo oggettivamente non anomalo della funzione riconosciutagli e dei poteri da lui esercitati sugli allievi

Studenti molestati dal docente: responsabili scuola e Ministero dell’Istruzione

Studenti molestati dal docente: responsabile il Ministero dell’Istruzione. Questa la presa di posizione dei giudici (ordinanza numero 11614 del 3 maggio 2025 della Cassazione), i quali, a fronte della condanna definitiva per il professore e dei gravi episodi di cui si è reso responsabile, è evidente, ritengono lampante anche la responsabilità della scuola e, quindi, del Ministero dell’Istruzione, obbligato perciò a risarcire gli allievi vittime di molestie.
Per i giudici, difatti, le gravissime condotte tenute dal professore vanno viste come uno sviluppo oggettivamente non anomalo della funzione riconosciutagli e dei poteri da lui esercitati sugli allievi.
Scenario della triste vicenda è una scuola media statale in Liguria. In quel contesto, difatti, un docente compie, tra il 2003 e il 2006, abusi e violenze sessuali su alcuni giovani studenti.
Il professore viene definitivamente condannato dai giudici penali a nove anni e sei mesi di reclusione. A distanza di anni, però, vi è un ulteriore capitolo della vicenda: quattro ragazzi, oggi adulti, citano in giudizio il Ministero dell’Istruzione, addebitandogli la responsabilità civile per le condotte subite per mano del docente.
A fronte dell’accertato quadro probatorio, per i giudici di merito non ci sono dubbi: sono evidenti le colpe addebitabili alla scuola e, quindi, al Ministero dell’Istruzione, condannato, perciò, a risarcire i quattro ex studenti per i danni biologico e morale subiti.
A chiudere la questione provvede la Cassazione, confermando in via definitiva la responsabilità della pubblica amministrazione per gli abusi subiti dai quattro ragazzi.
Consequenziale, quindi, l’obbligo risarcitorio a carico del Ministero dell’Istruzione, obbligato a sborsare complessivamente oltre 260mila euro.
Respinte le obiezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato e mirate a porre in dubbio la colpevolezza addebitata alla scuola e, quindi, al Ministero dell’Istruzione per spregevoli condotte del docente.
Due i dubbi sul tavolo dei giudici: primo, rientra nell’ambito dell’attività della scuola (e, per essa, del Ministero dell’Istruzione) l’affidamento al personale scolastico della cura e della vigilanza sui minori?; secondo, non è imprevedibile una deviazione dai compiti conferiti, tale da imporre adeguate misure di prevenzione o, quantomeno, la valutazione dello specifico rischio?
A entrambi i quesiti viene data risposta positiva. Ciò perché alla scuola — e, quindi, al personale scolastico del Ministero dell’Istruzione — spetta l’obbligo giuridico di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni. Difatti, il ‘contratto scolastico’ comprende, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, sia per fatto proprio, adottando tutte le precauzioni del caso, che di terzi, fornendo le relative indicazioni ed impartendo le conseguenti prescrizioni, e da adempiere, per il tempo in cui gli allievi fruiscono della prestazione scolastica, con la diligenza esigibile dallo status professionale rivestito». Perciò, a carico della scuola (id est, del Ministero dell’Istruzione) si configura un vero e proprio affidamento che impone la predisposizione, da parte del personale scolastico (in primis, della dirigenza, ma tale dovere incombe su tutti gli addetti, docenti e non), di ogni accorgimento necessario (da valutare in base alle concrete circostanze, tra le quali, in primo luogo, l’età anagrafica degli allievi) a prevenire potenziali pericoli derivanti da cose o da persone nel corso delle attività.
Ragionando poi sui fatti che hanno portato alla richiesta risarcitoria dei quattro ex studenti, i giudici annotano che le situazioni di affidamento di minori per fini di istruzione (et similia) costituiscono un humus particolarmente insidioso per gli abusi sessuali. Peraltro, proprio dalla normativa (nazionale e sovranazionale) si evince, osservano i giudici, che la possibilità che una relazione di cura, vigilanza e istruzione possa anormalmente evolversi in un abuso sessuale non costituisce affatto un’anomalia imprevedibile ed è, anzi, prevista dalla disciplina. Questa, difatti, esplicitamente si incentra sulle situazioni normalmente esistenti tra i minorenni e le persone che svolgono le predette funzioni come occasioni di un potenziale e pregiudizievole abuso del rapporto di fiducia che consente loro di controllare, punire o ricompensare i minori a livello emotivo, economico o persino fisico. Sotto il profilo statistico, poi, non è infrequente che a rivolgere a minorenni morbose attenzioni (e pure atti) di natura sessuale siano le persone alle quali è affidata la loro cura, proprio perché l’assunzione di compiti di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia dei minori crea una situazione maggiormente favorevole ai predatori sessuali.
Tirando le somme, contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura dello Stato, le condotte delittuose perpetrate dal docente in danno dei quattro allievi, pur se opposte rispetto ai fini istituzionali perseguiti dall’ente pubblico, non sono oggettivamente improbabili e, dunque, non costituiscono un’anomalia imprevedibile, cioè un comportamento completamente scisso dalle funzioni svolte e privo di ogni connessione con queste, tale da esentare la pubblica amministrazione dal dovere di adottare ogni misura volta a prevenire ed evitare la commissione di siffatti reati durante la somministrazione delle prestazioni scolastiche e, in ogni caso, dall’assunzione del rischio derivante dalla commissione di crimini nel corso dell’attività scolastica.
A fronte dei fatti oggetto del processo, anche a voler prescindere da una prevenzione che, evidentemente, è mancata, la reiterazione delle condotte delittuose in ambiente scolastico e durante le lezioni rende evidente che gli organi ministeriali deputati al controllo si sarebbero dovuti attivare ben prima dei più gravi episodi, accaduti durante una gita scolastica, che, comunque, rientra nell’ambito delle attività istituzionali, chiosano i magistrati di Cassazione.

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